Dopo aver ascoltato Tino Bino e Innocenzo Gorlani che hanno tratteggiato la figura di Padula, amico prima che politico e sindaco della città, mi sono ricordato di ciò che scrissi di lui il giorno dopo la sua morte. E ho trovato quel ricordo meritevole di essere riletto ancora oggi. quindi lo ripropongo qui:
L’on.
Pietro Padula è stato deputato per quattro legislature,
quella da senatore la interruppe per fare il sindaco della città
dall’85 al ’90. Chi era Pietro Padula? Molti suoi amici nel
piangere la sua scomparsa ne tesseranno lodi, che spesso in
questi frangenti sovrastano il sentimento della perdita, e la memoria
un poco si affievolisce, e si ricorda dell’amico, dell’avversario,
i tratti umani che l’hanno fatto un personaggio, un leader, un
combattente politico.
Pietro
Padula è stato un leader politico, a Brescia, il capo della corrente
dei basisti che nella Democrazia Cristiana interpretava l’anima
antifascista, democratica e popolare del partito. Con lui c’erano
altre personalità democristiane come i compianti Giulio Onofri e
Mino Martinazzoli; Ciso Gitti e altri “avvocati” con ruoli e
attitudini diverse, ma il vero capo, l’animatore e organizzatore
della corrente, colui che dettava la linea era lui: Padula. Egli
sapeva suscitare nei suoi amici sentimenti di fedeltà politica alla
sua persona e alla sua politica che non conosceva titubanze. D’altra
parte con i suoi amici si comportava con grande generosità; con la
stessa caparbietà con la quale difendeva le sue idee, le sue scelte,
nello stesso modo promuoveva e difendeva i suoi amici.
Non
era facile andar d’accordo con Padula, non era un tipo accomodante;
nelle molte riunioni o discussioni alle quali si partecipava in quei
tempi, capitava talvolta di scorgere sul suo volto lo stupore nel
constatare che qualcuno, che non gli era avversario, potesse avere
opinioni diverse dalle sue. Era di temperamento molto combattivo,
insofferente delle chiacchiere inutili, realista quanto deve esserlo
un leader e tuttavia votato alla politica intesa come servizio alla
società, alla sua città, al suo mondo. Egli non faceva sfoggio di
attitudini intellettuali, ma la sua formazione di cattolico
democratico e popolare, la sua preparazione giuridica la dimostrava
nei fatti e nelle azioni della politica.
Era un carattere non facile Padula , eppure cordiale e
generoso, intransigente e testardo, non direi fazioso, semmai un po’
ostico in qualche circostanza. Ebbe quindi molti amici, ed anche
avversari tenaci, molto tenaci.
Si
trovò a fare il Sindaco durante un periodo difficile per la città.
Molte aziende che avevano fatto di Brescia la seconda città
industriale della Lombardia stavano chiudendo, era in atto una
trasformazione radicale del tessuto produttivo della città e perciò
i problemi sociali legati a questa trasformazione si riversavano sul
tavolo del Sindaco, egli non poteva avere strumenti risolutivi di
questa crisi eppure il suo interessamento e il suo impegno fu molto
intenso, poco appariscente, ma, per i suoi legami con la politica
nazionale, sempre puntuale. Pure la situazione politica era molto
complicata: la Dc ormai aveva abbandonato la linea politica di Aldo
Moro e si affidava quasi del tutto al dinamismo craxiano con le
conseguenze che di lì a qualche anno sarebbero state visibili a
tutti.
Con
lui sindaco il consiglio comunale deliberò per la prima volta
l’avvio della progettazione della metropolitana, un progetto
avversato da parte del consiglio e da parte della stessa DC. Però la
vera opera pubblica per la quale voleva fosse ricordato il suo nome
fu il Palazzo di Giustizia. Forzò la mano al consiglio, pressato
anche dalla magistratura del tempo, affinché scegliesse un’area
nel centro storico e la scelta cadde sull’area comunale di Spalti
S.Marco, per molti chiaramente inadeguata per la mole dell’edificio
che si doveva costruire. Infatti le polemiche si scatenarono
abbastanza presto fomentate anche dai suoi avversari nella DC stessa,
tanto che si dovette ripiegare sull’area dell’ex mercato
ortofrutticolo. Ricorderei di Padula sindaco invece una scelta molto
coraggiosa e impopolare, la discarica controllata nel territorio
comunale nel quartiere di Buffalora. L’emergenza rifiuti fu
affrontata da lui nel solo interesse della città, senza preoccuparsi
del consenso popolare che veniva meno.
Nel
’90 venne ripresentato dalla dc come capolista, fu il primo degli
eletti, ma, nel consiglio, il numero dei suoi avversari fu maggiore
dei suoi amici e gli venne negata la rielezione a sindaco. Questo
comportamento sanzionava l’inizio dell’agonia della Dc che
qualche anno dopo, travolta da tangentopoli, l’on. Martinazzoli si
incaricherà di decretarne la fine. Neppure i consiglieri comunisti,
allora secondo partito della città, prigionieri del loro schematismo
ideologico, seppero affrontare la situazione con la lucidità che le
circostanze richiedevano. E Padula si dovette ritirare. Si avviò
così un periodo di instabilità con lo scioglimento per due volte
del consiglio comunale ed infine vennero alla ribalta nuove
formazioni politiche, come la Lega, e Forza Italia che nel giro di
due mandati hanno conquistato la città.
L’on
Padula, come molti suoi amici, si fece da parte, non salì sulla
nuova ribalta politica, lavorò discretamente a favore dei suoi amici
più stretti che ancora resistevano. Anche lui come molti che con lui
hanno condiviso le stagioni della Democrazia Cristiana bresciana, non
lascia eredi. I nuovi hanno creduto di accreditarsi all’opinione
pubblica, agli elettori, accentuando una discontinuità con il
passato. Ma il passato che non vogliono riconoscere è un grande
passato, di grande spessore politico e culturale, di amore per la
città e per il suo popolo e Padula fa parte a pieno titolo di queste
stagioni: spesso difficili, a volte tragiche a volte luminose,
tuttavia da non dimenticare. Per questo ricordiamo con rimpianto la
sua scomparsa.
Egidio
Papetti