Le Storie della Bibbia

LE STORIE DELLA BIBBIA

domenica 29 settembre 2013

Il vescovo di Brescia sull'omofobia

Nell'ultimo numero del settimanale "La voce del popolo" è apparso il seguente articolo del Vescovo Luciano Monari, riguardo alla legge contro l'omofobia. La parola del nostro vescovo  merita di essere letta con attenzione e diffusa.


Brescia.  Il Parlamento italiano discuterà una legge contro l'omofobia; questa legge vuole estendere all'omofobia quanto è stato stabilito dalla legge Mancino contro il razzismo. Nel nostro paese, infatti, non è lecito sostenere dottrine razziste perché il razzismo è considerato - giustamente - contrario ai principi fondamentali della società e della cultura di cui facciamo parte; in modo simile non si potranno avanzare tesi omofobe perché il rispetto degli omosessuali è considerato una necessità assoluta per la convivenza nel nostro paese.

Tutto bene; ma che cosa significa? Se il discorso è il rispetto di chi ha orientamenti omosessuali, della loro dignità di persone, della loro libertà personale, non ci sono obiezioni. Il soggetto dei "diritti della persona" è, appunto, la persona umana, prima e indipendentemente dalle sue qualificazioni ulteriori: piccolo o grande, ricco o povero, italiano o francese, bianco o nero...; aggiungere a questa lista anche la precisazione: "eterosessuale od omosessuale" non crea certo problemi. Si può anche dire che, siccome è facile sentire giudizi sprezzanti e derisori nei confronti delle persone con tendenze omosessuali, è giustificata una legge che tuteli il loro diritto a essere socialmente rispettati.

Ma la legge vuole anche decidere che l'eterosessualità e la omosessualità sono omologabili come due modi equivalenti di vivere la sessualità? Sarebbe un fatto curioso se non altro perché la totalità delle persone umane viventi nascono dall'incontro di uno spermatozoo maschile e di un uovo femminile. Bisognerà dunque riconoscere all'eterosessualità almeno la caratteristica di essere procreatrice, continuatrice della specie, cosa che non può essere evidentemente affermata dell'omosessualità. Mettere tutto sullo stesso piano significa negare che la procreazione significhi qualche cosa, che sia un valore, che sia utile alla società, che produca futuro e speranza... Capisco che viviamo in una cultura dove i valori tradizionali sono contestati e ciascuno si costruisce una scala di valori assolutamente personale; ma omettere la considerazione che solo l'unione di maschio e femmina è feconda e fa nascere dei figli mi sembra uno scotoma piuttosto notevole.

Vuol dire che dobbiamo disprezzare (o anche solo: valutare meno) chi vive una tendenza omosessuale? Non ci sono dubbi: no. La tendenza omosessuale non diminuisce di un millimetro la dignità della persona e non dice nulla del grado di creatività che chi sperimenta pulsioni omosessuali può esprimere e offrire alla società. Persone con pulsioni omosessuali hanno dato contributi immensi alla società per la loro sensibilità, attenzione, senso artistico; non sono certo inferiori agli altri. Ma questo vuol dire che l'impulso omosessuale è equivalente a quello che conduce verso l'altro sesso?

La natura ha inventato il sesso per avere una forma di riproduzione che permettesse una varietà maggiore delle specie e degli individui. Riproduzione sessuata significa che si uniscono due patrimoni genetici diversi; questi, uniti, costruiscono un individuo nuovo, che non è la clonazione dell'uno o dell'altro (cioè la produzione di un individuo col patrimonio genetico identico a quello di un altro individuo da cui deriva), ma un individuo inedito, portatore di una forma umana nuova e quindi suscitatore di una attesa nuova. È questo il valore significativo dell'eterosessualità. Se nella storia della cultura c'è stato un tabù, questo è il tabù dell'incesto; e il tabù dell'incesto nasce esattamente dal timore di bloccare l'alterità, di chiudere il futuro nel cerchio limitato della propria famiglia. L'incontro sessuale deve rivolgersi al diverso se si vuole che i patrimoni genetici si arricchiscano e non degradino col succedersi delle generazioni.

Nella omosessualità è presente la fatica di accettare il diverso, di rischiare la comunicazione con un individuo che sia sessualmente 'altro'. Che questa inclinazione sia legata al patrimonio genetico, che dipenda da esperienze psicologiche dell'infanzia, dal rapporto col padre o con la madre o da qualsiasi altra causa non lo so; a chiarire questo interrogativo si dedicheranno le persone che hanno competenze in biologia, psicologia, comportamento umano. Nello stesso modo diventa difficile giudicare gli atti omosessuali e non è questo il problema della legge.

Non c'è dubbio che alla persona omosessuale vanno riconosciuti gli stessi diritti della persona (e i medesimi doveri) che sono riconosciuti agli altri. Così a nessuno è lecito disprezzare o deridere una persona omosessuale; tra l'altro questo modo di fare tradisce una insicurezza di identità e quindi dice forse più cose sul derisore che sul deriso. Ma questo non significa che due comportamenti diversi, che danno contributi del tutto diversi alla edificazione della società umana, debbano essere pensati equivalenti per decreto. Le decisioni giuridiche possono comandare o proibire, ma non mutano la realtà delle cose.

Spero dunque che la legge non voglia decidere che cosa si debba pensare sulla sessualità etero o omo che sia; che non voglia chiudere la riflessione come se tutto fosse chiaro e chi la pensa diversamente sia soltanto un depravato che immette veleni nel corpo sociale. Se si vogliono colpire i comportamenti lesivi della dignità delle persone con tendenze omosessuali, d'accordo, si dovrà però spiegare perché non bastino le leggi vigenti e relative aggravanti (“per motivi abbietti”) riconosciute e applicate da decenni. Se invece si vuole proibire di fare una distinzione tra comportamenti omosessuali ed eterosessuali, la legge farà un buco nell'acqua. Non è proibendo di parlare e di discutere che si raggiungeranno convinzioni vere sulla questione, che si comprenderà meglio la sessualità e che si costruirà una società più umana

di + Luciano Monari