Le Storie della Bibbia

LE STORIE DELLA BIBBIA

venerdì 29 aprile 2011

Per chi non avesse partecipato alla manifestazione del 25 aprile in Piazza Loggia, può leggere qui il testo dell'orazione pronunciata dall'oratore ufficiale.



LO “SPIRITO DEL 25 APRILE”

BARTOLOMEO SORGE

Siamo qui riuniti, nel cuore storico della Città, per fare memoria del 66° anniversario della liberazione. Confesso che, quando ricevetti l’invito a essere con voi, la prima reazione fu di perplessità: che ci fa un prete in Piazza della Loggia a parlare del 25 aprile? Alcuni pensieri mi fecero superare l’esitazione. Anzitutto il desiderio di rendere onore con la mia presenza ai 191 eroici sacerdoti trucidati dai nazifascisti durante la Resistenza; in secondo luogo, il ricordo di un’altra piazza al quartiere Brancaccio di Palermo, dove fui invitato a fare memoria di don Pino Puglisi, un santo sacerdote che con il Vangelo in mano incitava i giovani a un’altra Resistenza, contro la mafia, da cui fu assassinato; infine - ed è la ragione principale -, la necessità di ravvivare la lezione che viene dai martiri della libertà, da tutti indistintamente (credenti e non credenti, laici e sacerdoti) in questo momento difficile della vita del Paese. La lezione è questa: quando, pur essendo diversi, si è uniti sui valori fondanti e su un ideale comune, quando il coraggio del cittadino s’incontra con la profezia del credente, anche i sogni impossibili diventano possibili.

La conferma viene dalla storia. Quest’anno la memoria della Resistenza cade nel 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Questa coincidenza serve a farci comprendere meglio la lezione del 25 aprile, cioè la necessità che tutti i cittadini onesti, al di là delle differenti idee politiche, sensibilità culturali e religiose, si uniscano insieme per aiutare l’Italia a uscire dalla crisi nella quale oggi è impantanata.

Fu questo spirito unitario – lo “spirito del 25 aprile” – a liberare l’Italia dal nazifascismo. Lo stesso che rese possibile il sogno risorgimentale dell’Unità d’Italia e la vittoria della prima guerra mondiale. Lo stesso che portò alla Costituzione repubblicana e difese la nostra giovane democrazia dall’attacco eversivo delle BR con la vita e il sangue di tanti servitori dello Stato, primi fra tutti le forze dell’ordine e i magistrati, ai quali va il plauso riconoscente di tutti gli italiani.

Riprendiamo, dunque, la lezione di questo 25 aprile, per realizzare il nuovo Risorgimento e la nuova Liberazione di cui il Paese ha bisogno. Si tratta in pratica di convogliare le energie migliori nel triplice impegno di difendere la Costituzione, l’Unità nazionale e la democrazia.

1. Difendere la Costituzione

Il primo impegno deve essere quello di difendere la Costituzione con i suoi principi e i suoi valori, che costituiscono il patrimonio culturale e spirituale del nostro popolo. Si tratta di principi e di valori che non dipendono, e quindi non possono essere cambiati, da maggioranze provvisorie e mutevoli di governo, perché sono iscritti nella coscienza di ciascuno di noi, prima ancora che nella Carta repubblicana. Lo ricorda l’art. 2 Cost., quando afferma che “la Repubblica riconosce e garantisce [quindi trova, non crea] i diritti inviolabili dell’uomo”.

Ora, l’architrave della Costituzione è il primato della persona umana. La persona viene prima della società, così come la società viene prima dello Stato. Tutti gli altri valori fanno riferimento al rispetto della dignità della persona, a cominciare dal diritto al lavoro che lo Stato ha il dovere di rendere effettivo (art. 4) poiché l’Italia è “una repubblica fondata sul lavoro”, come dice l’articolo 1. L’articolo 1 non si tocca! Finché reggerà l’art.1, non sarà lecito a nessuno parlare di lavoratori “in esubero” e di “precari” a tempo indeterminato. Può mai una persona essere ritenuta “superflua” o condannata a vivere nell’insicurezza? Finché reggerà l’art. 1, sarà un obbligo grave per tutti cercar di spezzare la tragica catena di “morti bianche” sul lavoro, che – come dimostrano anche drammi recenti – sono causate spesso da irresponsabilità e da noncuranza delle norme di prevenzione.

L’altro pilastro portante su cui poggia la Costituzione è il “principio di solidarietà”. Cioè, ogni persona è un essere-in-relazione, che per realizzarsi ha bisogno degli altri, di una società, in cui non esistano cittadini di serie A e cittadini di serie B, ma tutti indistintamente godano di “pari dignità sociale” e siano “uguali davanti alla legge” (art. 3 Cost.). Come è possibile allora che l’individualismo e l’egoismo dilaghino fino a contaminare di razzismo e di xenofobia le leggi dello Stato? Com’è possibile che coscienza civile e coscienza religiosa non reagiscano con forza di fronte al respingimento in mare dei disperati che fuggono dalla guerra e dalla fame o di fronte alla proposta assurda di usare perfino le armi per fermarli? Com’è possibile rinnegare in forma così plateale il diritto d’asilo che l’art. 10 Cost. riconosce allo straniero “al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche”?

E’ tempo, dunque, di svegliarsi e di ricuperare lo “spirito del 25 aprile”. Urge che coscienza civica e coscienza religiosa tornino a incontrarsi come ai giorni della Resistenza. “Perché – si chiede anche la Chiesa per bocca del card. Tettamanzi – ci sono uomini che fanno la guerra, ma non vogliono che si definiscano come ‘guerra’ le loro decisioni, le scelte e le azioni violente? Perché molti agiscono con ingiustizia, e non vogliono che la giustizia giudichi le loro azioni? E ancora: perché tanti vivono arricchendosi sulle spalle dei Paesi poveri, ma poi si rifiutano di accogliere coloro che fuggono dalla miseria e vengono da noi chiedendo di condividere un benessere costruito proprio sulla loro povertà?” (Omelia di Domenica delle Palme, 17 aprile 2011).

Difendere la Costituzione, dunque, è il primo impegno concreto al quale oggi ci richiama lo “spirito del 25 aprile”.

2. Difendere l’unità nazionale

Il secondo impegno deve essere la difesa dell’unità nazionale: l’Italia è “una e indivisibile” politicamente, perché una e indivisibile è la sua identità culturale e linguistica, la sua coscienza morale e religiosa. A differenza di altre nazioni, l’unità d’Italia si fonda non sull’appartenenza etnica, ma sulla cultura e sui valori morali, contenuti nei primi 11 articoli della Costituzione. E’ notevole che i Padri costituenti volessero che l’art. 12 Cost., dedicato alla bandiera tricolore, fosse aggiunto agli altri 11 dedicati ai principi e ai valori fondanti della nostra convivenza civile; ecco perché, per difenderli, i martiri della Resistenza sono morti stringendo la bandiera. Perciò, chi disprezza il tricolore disprezza l’Italia, disprezza i valori morali della Costituzione, offende la memoria dei martiri della Libertà!

Detto questo, è doveroso riconoscere che il pluralismo delle esperienze locali, delle attività dei comuni, delle regioni e delle città, così come la dialettica tra realtà locali e dimensione nazionale, fanno parte della nostra identità e della nostra storia: non sono un impedimento all’unità, ma una ricchezza per tutti. Ciò spiega perché l’ideale risorgimentale dell’unità d’Italia abbia trovato pieno compimento nello “spirito del 25 aprile”. Fu lo stesso spirito unitario che, con la Liberazione dal nazifascismo, diede vita all’Italia democratica “una e indivisibile”, sì, ma che “riconosce e promuove le autonomie locali, attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo” (art. 5 Cost.)

Più vicino a noi, difendere l’unità nazionale significa dare un’anima solidale al discorso che oggi in Italia si fa sul federalismo. La riforma in senso federale delle istituzioni repubblicane non può ridursi soltanto a una questione di natura organizzativa, ma dovrà ispirarsi alla cultura solidale che informa la nostra Costituzione. Senza solidarietà, il federalismo finirebbe con il porre le premesse della frammentazione e della rottura dell’unità del Paese. In particolare, non farebbe che accrescere ulteriormente il divario tra Nord e Sud, quando ormai tutti siamo consapevoli che sviluppo del Mezzogiorno e unità d’Italia vanno insieme.

Com’è possibile pretendere che si restauri la legalità nel Mezzogiorno, quando l’illegalità dilaga nel resto d’Italia? Con che coraggio si chiede ai cittadini meridionali che diano prova di senso civico, quando la politica nazionale è gestita in forma privatistica e aziendale, al servizio di interessi personali o di gruppo, nell’aperta noncuranza del dettato costituzionale? Come pretendere che a livello locale si osservino regole e leggi, quando a livello nazionale si emanano normative discriminatorie, razziste, spesso in contrasto con le regole costituzionali e con i principi delle carte internazionali dei diritti umani?

Pertanto, anche la cosiddetta “questione settentrionale”, di cui oggi tanto si parla, non è – in certo senso – che l’altra faccia della “questione meridionale”, la quale dunque rimane il vero nodo da sciogliere per realizzare pienamente l’ideale unitario del Risorgimento e della Liberazione, tuttora incompiuto.

3. Difendere la democrazia

Infine il terzo impegno, a cui ci richiama la memoria congiunta del 150° dell’Unità d’Italia e del 25 aprile, è la difesa della democrazia. Il Paese, infatti, attraversa una fase di pericolosa emergenza democratica. Ci siamo ridotti a vivere alla giornata, a navigare a vista: la preoccupazione del presente prevale sulla progettazione del futuro; la ricerca di interessi personali o corporativi prevale sul bene comune. E in atto uno scontro senza precedenti dei poteri dello Stato tra di loro: tra Governo e magistratura, tra presidenza del Consiglio e presidenza della Camera, tra potere legislativo e Corte costituzionale; si legifera a colpi di decreti legge e di voti di fiducia, esautorando il Parlamento e riducendolo al ruolo di notaio di decisioni prese al di fuori di esso; la classe politica è scelta dall’alto, avendo tolto ai cittadini la libertà di “eleggere” i propri rappresentanti. E’ forse questa la democrazia per la quale hanno dato la vita i martiri della Resistenza?

La delusione, perciò, si traduce in sfiducia crescente verso la politica e la classe dirigente e in assenteismo: oltre 10 milioni di cittadini – uno su quattro – non hanno votato alle ultime elezioni politiche del 2008, e in tutte le consultazioni popolari successive l’assenteismo ha superato il 40%.

Ecco perché non c’è più tempo da perdere, ma urge ravvivare lo “spirito del 25 aprile”. E’ tempo di una sintesi nuova tra le diverse tradizioni di cultura politica che hanno fatto la Resistenza, senza che nessuno rinneghi la propria storia e le proprie radici. Si tratta di “andare oltre”, ricostituendo un ethos condiviso, nella fedeltà alla Costituzione, in grado di restituire un’anima etica alla politica. Solo ricuperando il primato della persona, la solidarietà e la priorità del bene comune, sarà possibile pervenire finalmente a quella forma matura di democrazia, fondata sull’esercizio libero e responsabile dei propri diritti e dei propri doveri, per la quale sono caduti patrioti e partigiani.

Riusciremo nell’arduo compito di dare vita a un nuovo Risorgimento e a una nuova Liberazione? Sì, ci riusciremo: con il coraggio dei cittadini onesti e con l’aiuto di Dio. Siamo ancora avvolti dalla luce di Pasqua. La risurrezione di Cristo, ci dà la fiducia necessaria per credere in una risurrezione dell’Italia dallo stato di degrado in cui è caduta. La potenza delle Risurrezione è all’opera nella storia. Perciò, mentre ravviviamo in noi lo “spirito del 25 aprile”, poniamo la fiducia in Colui che ha promesso: “Sarò con voi tutti i giorni, fino alla fine dei tempi”. Maranathà. Vieni Signore Gesù.

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