Le Storie della Bibbia

LE STORIE DELLA BIBBIA

domenica 15 novembre 2015

Da " Famiglia Cristiana" un articolo di Fulvio Scaglione

                                     
Un biglietto di cordoglio sul luogo della strage, a Parigi (Reuters). 

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Un biglietto di cordoglio sul luogo della strage, a Parigi (Reuters).
    E’ inevitabile, ma non per questo meno insopportabile, che dopo tragedie come quella di Parigi si sollevi una nuvola di facili sentenze destinate, in genere, a essere smentite dopo pochi giorni, se non ore, e utili soprattutto a confondere le idee ai lettori. E’ la nebbia di cui approfittano i politicanti da quattro soldi, i loro fiancheggiatori nei giornali, gli sciocchi che intasano i social network. Con i corpi dei morti ancora caldi, tutti sanno già tutto: anche se gli stessi inquirenti francesi ancora non si pronunciano, visto che l’unico dei terroristi finora identificato, Omar Ismail Mostefai, 29 anni, francese, è stato “riconosciuto” dall’impronta presa da un dito, l’unica parte del corpo rimasta intatta dopo l’esplosione della cintura da kamikaze che indossava.
    Ancor meno sopportabile è il balbettamento ideologico sui colpevoli, i provvedimenti da prendere, il dovere di reagire. Non a caso risuscitano in queste ore le pagliacciate ideologiche della Fallaci, grande sostenitrice (come tutti quelli che ora la recuperano) delle guerre di George W. Bush, ormai riconosciute anche dagli americani per quello che in realtà furono: un cumulo di menzogne e di inefficienze che servì da innesco a molti degli attuali orrori del Medio Oriente.
     Mentre gli intellettuali balbettano sui giornali e in Tv, la realtà fa il suo corso. Dell’Isis e delle sue efferatezze sappiamo tutto da anni, non c’è nulla da scoprire. E’ un movimento terroristico che ha sfruttato le repressioni del dittatore siriano Bashar al Assad per presentarsi sulla scena: armato, finanziato e organizzato dalle monarchie del Golfo (prima fra tutte l’Arabia Saudita) con la compiacenza degli Stati Uniti e la colpevole indifferenza dell’Europa.
     Quando l’Isis si è allargato troppo, i suoi mallevadori l’hanno richiamato all’ordine e hanno organizzato la coalizione americo-saudita che, con i bombardamenti, gli ha messo dei paletti: non più in là di tanto in Iraq, mano libera in Siria per far cadere Assad. Il tutto mentre da ogni parte, in Medio Oriente, si levava la richiesta di combatterlo seriamente, di eliminarlo, anche mandando truppe sul terreno. Innumerevoli in questo senso gli appelli dei vescovi e dei patriarchi cristiani, ormai chiamati a confrontarsi con la possibile estinzione delle loro comunità.
    Abbiamo fatto qualcosa di tutto questo? No. La Nato, ovvero l’alleanza militare che rappresenta l’Occidente, si è mossa? Sì, ma al contrario. Ha assistito senza fiatare alle complicità con l’Isis della Turchia di Erdogan, ma si è indignata quando la Russia è intervenuta a bombardare i ribelli islamisti di Al Nusra e delle altre formazioni.
     Nel frattempo l’Isis, grazie a Putin finalmente in difficoltà sul terreno, ha esportato il suo terrore. Ha abbattuto sul Sinai un aereo di turisti russi (224 morti, molti più di quelli di Parigi) ma a noi (che adesso diciamo che quelli di Parigi sono attacchi “conto l’umanità”) è importato poco. Ha rivendicato una strage in un mercato di Beirut, in Libano, e ce n’è importato ancor meno. E poi si è rivolto contro la Francia.
     Abbiamo fatto qualcosa? No. Abbiamo provato a tagliare qualche canale tra l’Isis e i suoi padrini? No. Abbiamo provato a svuotare il Medio Oriente di un po’ di armi? No, al contrario l’abbiamo riempito, con l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti ai primi posti nell’importazione di armi, vendute (a loro e ad altri) dai cinque Paei che siedono nel Consiglio di Sicurezza (sicurezza?) dell’Onu: Usa, Francia, Gran Bretagna, Cina e Russia.
    Solo l’altro giorno, il nostro premier Renzi (che come tutti ora parla di attacco all’umanità) era in Arabia Saudita a celebrare gli appalti raccolti presso il regime islamico più integralista, più legato all’Isis e più dedito al sostegno di tutte le forme di estremismo islamico del mondo. E nessuno, degli odierni balbettatori, ha speso una parola per ricordare (a Renzi come a tutti gli altri) che il denaro, a dispetto dei proverbi, qualche volta puzza.
    Perché la verità è questa: se vogliamo eliminare l’Isis, sappiamo benissimo quello che bisogna fare e a chi bisogna rivolgersi. Facciamoci piuttosto la domanda: vogliamo davvero eliminare l’Isis? E’ la nostra priorità? Poi guardiamoci intorno e diamoci una risposta. Ma che sia sincera, per favore. Di chiacchiere e bugie non se ne può più.    




































giovedì 12 novembre 2015

Fassina, folletto dannoso che non sa far politica

Un appropriato ritratto dell'on. Fassina  by Peppino Caldarola


L’apertura di Stefano Fassina ai 5 Stelle, sia per l’elezione del sindaco di Roma sia per altre realtà locali, ha creato già il primo vespaio nella nuova coalizione molto di sinistra che è nata sabato 7 novembre. L’avevamo, scusate la civetteria, già previsto.
All’origine di questa scelta vi sono molte ragioni. Soprattutto quella di fare un danno al Pd di Matteo Renzi. Ogni buon scissionista proclama la sua buona volontà di unire e di fare gli interessi del popolo a nome del quale si separa. In realtà per lungo tempo agisce a dispetto.
Tuttavia nel caso di Fassina vorrei introdurre, aprendo una piccola serie di ritratti di personaggi di questa fase della storia repubblicana, un elemento di valutazione più urticante, sicuramente più severo, ma che a me pare più vicino al vero.
UNA VITA INTELLETTUALE CONTRADDITTORIA. Fassina appare, e credo che sia, un uomo mite. Ha un curriculum di studi molto interessante, ha cambiato spesso posizione nella sinistra  talvolta collocandosi nel lato più a destra altre volte nel lato più a sinistra (ma questo è accaduto a molti di noi). Ciò che gli ha fatto probabilmente perdere il suo centro di gravità permanente è il fatto di doversi occupare di politica direttamente e personalmente.
Vengo alla mia tesi: Fassina è uno dei politici assurti alla ribalta che non capisce nulla di politica e tanto meno la sa fare.
La sua vita intellettuale è piena di riferimenti contraddittori, di richiami alla storia, ma il suo agitarsi quotidiano è guidato da una confusione totale che ha spiegazione solo nel fatto che non sa dove si trova e, quando lo capisce, gli mancano i “fondamentali” per tirar fuori un’idea che abbia un senso.
La quantità di gaffes, di uscite dal coro senza voler essere anticonformista, di contraddizioni palesi (nemico del governo di solidarietà nazionale con Berlusconi, ma sottosegretario), di irriconoscenza (lo scontro con Bersani ha lo stesso volgare cinismo delle intemerate di Orfini su D’Alema) lo rendono una specie di folletto dannosissimo che rompe tutto ciò che incontra sulla sua strada.
Se ne sono accorti i suoi nuovi compagni di cordata. Soprattutto quelli di Sel che qualcosa negli anni hanno imparato e che con Nichi Vendola e Franco Giordano hanno fatto l’Università nel Pci.
CON QUESTI OPPOSITORI RENZI PUÒ STAR TRANQUILLO. Fassina, e l’altro improbabile personaggio che si aggira nello stesso mondo, il prof D’Attorre, fanno cose di cui non capiscono il senso, come se applicassero un proprio personale manuale delle giovani marmotte che credono sia la riedizione di una lezione marxista di una vecchia scuola di partito.
Come loro è entrato nella politica, non capendoci una mazza, anche Miguel Gotor, il “tanguero”, secondo la definizione di Vincenzo De Luca, che è riuscito con le sue genialità a far perdere a Bersani elezioni già vinte.
Si tratta di persone perbene, di intellettuali profondi, ma che dovrebbero stare lontano dalla politica perché sono re Mida alla rovescia: sfasciano ciò che toccano.
Renzi, come scrivo da tempo, ha tutto da guadagnare se i suoi oppositori sono politicanti della domenica come questi buffi “personaggetti”.
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